Libera pensatrice, attivista e politica, Olympe de Gouges sfidò la Rivoluzione Francese mostrando l’ipocrisia di una narrazione scritta dai vincitori, maschi e ricchi. Il progetto ripercorre la sua storia per indagare i paradossi del mito su cui si basa il nostro Occidente liberale e progressista. Lo fa attraverso uno spettacolo multimediale e partecipato, un vero e proprio concerto scenico elettropop eseguito intermamente live e con la partecipazione di un coro di cittadin* diverso a ogni replica. Obiettivo? Uscire dai teatri, creare legami nei luoghi periferici dei nostri territori e dare voce a gruppi minoritari o messi da parte attraverso una vicenda che i manuali di storia ignorano.
“Se la donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere allora il diritto di salire sulla tribuna”. Olympe de Gouges pronunciò questa frase nel pieno della Rivoluzione e insieme alle sue idee protofemministe e abolizioniste scatenò l’unica risposta possibile: la ghigliottina per volere di Robespierre e dei Giacobini, segnata dalle parole del Procuratore che la condannò “perché aveva dimenticato le virtù che convenivano al suo sesso”.
Olympe è una delle troppe figure dimenticate dalla storia, appartenenti a quei gruppi esclusi dal potere patriarcale e capitalista che ha indirizzato la narrazione degli eventi e quindi gli eventi stessi. In anticipo sui tempi, libera e indipendente, rimasta vedova giovanissima e mai più sposatasi per evitare il matrimonio “tomba della fiducia e dell’amore”, Olympe si schierò sempre a difesa di quelle persone indifendibili per l’epoca. Nemmeno due anni dopo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino pubblica un pamphlet dal titolo evidente: Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina.
In Inégalité la narrazione si evolve e contamina superando i confini teatrali per aprirsi a una commistione continua con la dimensione del concerto elettropop. La drammaturgia testuale e quella sonora, nel corso della progettazione e delle prove cresciute in parallelo e in continuo dialogo, si intrecciano continuamente: racconti, paesaggi sonori, dialoghi, canzoni, brani strumentali, sperimentazioni sulla voce teatrale attraverso il microfono, loop station, suoni campionati, insomma un dialogo senza soluzione di continuità tra testo e musica.
L’intero progetto è pensato per essere accessibile e fruibile da persone cieche e ipovedenti, sia a livello di pubblico che di partecipanti. Ogni replica vedrà la partecipazione attiva di un gruppo del territorio in forma di coro integrato nella performance, con l’esecuzione di canti composti per l’occasione, in dialogo con gli interpreti.Il gruppo di cittadin* partecipanti prenderà parte a un laboratorio teatrale e corale pensato appositamente e gestito dagli artisti del progetto, per poi diventare parte attiva e imprescindibile dell’avvenimento scenico.
testo Giulia Trivero
regia Andrea Piazza
musiche Gabriele Anzaldi e Giovanni di Capua
interpreti Giulia Amato e Gabriele Anzaldi
organizzazione Arianna Soffiati
un progetto di Ensemble Teatro
Libera pensatrice, attivista e politica, Olympe de Gouges sfidò la Rivoluzione Francese mostrando l’ipocrisia di una narrazione scritta dai vincitori, maschi e ricchi. Il progetto ripercorre la sua storia per indagare i paradossi del mito su cui si basa il nostro Occidente liberale e progressista. Lo fa attraverso uno spettacolo multimediale e partecipato, un vero e proprio concerto scenico elettropop eseguito intermamente live e con la partecipazione di un coro di cittadin* diverso a ogni replica. Obiettivo? Uscire dai teatri, creare legami nei luoghi periferici dei nostri territori e dare voce a gruppi minoritari o messi da parte attraverso una vicenda che i manuali di storia ignorano.
“Se la donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere allora il diritto di salire sulla tribuna”. Olympe de Gouges pronunciò questa frase nel pieno della Rivoluzione e insieme alle sue idee protofemministe e abolizioniste scatenò l’unica risposta possibile: la ghigliottina per volere di Robespierre e dei Giacobini, segnata dalle parole del Procuratore che la condannò “perché aveva dimenticato le virtù che convenivano al suo sesso”.
Olympe è una delle troppe figure dimenticate dalla storia, appartenenti a quei gruppi esclusi dal potere patriarcale e capitalista che ha indirizzato la narrazione degli eventi e quindi gli eventi stessi. In anticipo sui tempi, libera e indipendente, rimasta vedova giovanissima e mai più sposatasi per evitare il matrimonio “tomba della fiducia e dell’amore”, Olympe si schierò sempre a difesa di quelle persone indifendibili per l’epoca. Nemmeno due anni dopo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino pubblica un pamphlet dal titolo evidente: Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina.
In Inégalité la narrazione si evolve e contamina superando i confini teatrali per aprirsi a una commistione continua con la dimensione del concerto elettropop. La drammaturgia testuale e quella sonora, nel corso della progettazione e delle prove cresciute in parallelo e in continuo dialogo, si intrecciano continuamente: racconti, paesaggi sonori, dialoghi, canzoni, brani strumentali, sperimentazioni sulla voce teatrale attraverso il microfono, loop station, suoni campionati, insomma un dialogo senza soluzione di continuità tra testo e musica.
L’intero progetto è pensato per essere accessibile e fruibile da persone cieche e ipovedenti, sia a livello di pubblico che di partecipanti. Ogni replica vedrà la partecipazione attiva di un gruppo del territorio in forma di coro integrato nella performance, con l’esecuzione di canti composti per l’occasione, in dialogo con gli interpreti.Il gruppo di cittadin* partecipanti prenderà parte a un laboratorio teatrale e corale pensato appositamente e gestito dagli artisti del progetto, per poi diventare parte attiva e imprescindibile dell’avvenimento scenico.
testo Giulia Trivero
regia Andrea Piazza
musiche Gabriele Anzaldi e Giovanni di Capua
interpreti Giulia Amato e Gabriele Anzaldi
organizzazione Arianna Soffiati
un progetto di Ensemble Teatro
Libera pensatrice, attivista e politica, Olympe de Gouges sfidò la Rivoluzione Francese mostrando l’ipocrisia di una narrazione scritta dai vincitori, maschi e ricchi. Il progetto ripercorre la sua storia per indagare i paradossi del mito su cui si basa il nostro Occidente liberale e progressista. Lo fa attraverso uno spettacolo multimediale e partecipato, un vero e proprio concerto scenico elettropop eseguito intermamente live e con la partecipazione di un coro di cittadin* diverso a ogni replica. Obiettivo? Uscire dai teatri, creare legami nei luoghi periferici dei nostri territori e dare voce a gruppi minoritari o messi da parte attraverso una vicenda che i manuali di storia ignorano.
“Se la donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere allora il diritto di salire sulla tribuna”. Olympe de Gouges pronunciò questa frase nel pieno della Rivoluzione e insieme alle sue idee protofemministe e abolizioniste scatenò l’unica risposta possibile: la ghigliottina per volere di Robespierre e dei Giacobini, segnata dalle parole del Procuratore che la condannò “perché aveva dimenticato le virtù che convenivano al suo sesso”.
Olympe è una delle troppe figure dimenticate dalla storia, appartenenti a quei gruppi esclusi dal potere patriarcale e capitalista che ha indirizzato la narrazione degli eventi e quindi gli eventi stessi. In anticipo sui tempi, libera e indipendente, rimasta vedova giovanissima e mai più sposatasi per evitare il matrimonio “tomba della fiducia e dell’amore”, Olympe si schierò sempre a difesa di quelle persone indifendibili per l’epoca. Nemmeno due anni dopo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino pubblica un pamphlet dal titolo evidente: Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina.
In Inégalité la narrazione si evolve e contamina superando i confini teatrali per aprirsi a una commistione continua con la dimensione del concerto elettropop. La drammaturgia testuale e quella sonora, nel corso della progettazione e delle prove cresciute in parallelo e in continuo dialogo, si intrecciano continuamente: racconti, paesaggi sonori, dialoghi, canzoni, brani strumentali, sperimentazioni sulla voce teatrale attraverso il microfono, loop station, suoni campionati, insomma un dialogo senza soluzione di continuità tra testo e musica.
L’intero progetto è pensato per essere accessibile e fruibile da persone cieche e ipovedenti, sia a livello di pubblico che di partecipanti. Ogni replica vedrà la partecipazione attiva di un gruppo del territorio in forma di coro integrato nella performance, con l’esecuzione di canti composti per l’occasione, in dialogo con gli interpreti.Il gruppo di cittadin* partecipanti prenderà parte a un laboratorio teatrale e corale pensato appositamente e gestito dagli artisti del progetto, per poi diventare parte attiva e imprescindibile dell’avvenimento scenico.
testo Giulia Trivero
regia Andrea Piazza
musiche Gabriele Anzaldi e Giovanni di Capua
interpreti Giulia Amato e Gabriele Anzaldi
organizzazione Arianna Soffiati
un progetto di Ensemble Teatro
L’azione, diversamente dalla fabbricazione, non è mai possibile nell’isolamento; essere isolati significa essere privati della facoltà di agire. (Hannah Arendt, Vita activa)
Esseri in stanze attigue di una non meglio precisata residenza conducono vite parallele. Una Voce. Un tempo sospeso, futuro ma non troppo.
Sono di età indefinita, di stato adolescenziale, di genere femminile ma non ostentato, come si conviene e come è comodo che sia. Abitano una dinamica di rispetto e dispetto con la Voce, con cui, in modi differenti, interloquiscono.
Eventuali rifiuti o irregolarità vengono presto riassorbiti da un sistema che si autoalimenta anche delle proprie disfunzioni.
Su un filo sottile, tra il comico e il tragico si muovono questi esseri.
Un improvviso tempo sospeso apre un varco inaspettato.
Di e con: Vincenza Modica, Soledad Nicolazzi, Dalia Padoa
Regia: Vincenza Modica
Disegno luci: Adriano Salvi
Disegno del suono: Luca Maria Baldini
Età: dai 14 anni in su
Quando solitudine e isolamento sono portati alle estreme conseguenze, quando predominano emozioni primordiali come la paura e la rabbia, è ancora possibile l’incontro? Quale punto di svolta potrebbe indicare una possibile sovversione di tale stato di fatto, consentendo una sorta di riscatto umano? Quali sono i canali per riscoprire varchi di comunicazione ed empatia?
Ci rivolgiamo idealmente a un pubblico di giovani e di adolescenti, poiché in questi anni, segnati dalla pandemia e dalla catastrofe ecologica e dalla guerra, sono stati e continuano a essere maggiormente esposti alle conseguenze dell’isolamento (annichilimento emozionale e asocialità).
L’intento/tentativo dello spettacolo è quello di aprire uno spazio di elaborazione collettiva del disagio che ne è derivato, in definitiva, per tutti noi e di scorgere le molteplici possibilità che la vita sorprendentemente offre.
Gli spettatori avranno la possibilità di partecipare ad un laboratorio (*) prima dello spettacolo e di lasciare una propria testimonianza al termine dello stesso; tale contributo riverbererà, di volta in volta, sulla modulazione drammaturgica delle successive restituzioni dello spettacolo.
(*) Lo sguardo dell’altro e verso l’altro, a cura di Vincenza Modica
Una riflessione attiva sul tema della mancanza di contatto tra le persone e delle alterazioni relazionali che ne possono derivare.
Il lanternista è un progetto che indaga le potenzialità espressive della lanterna magica.
Un’installazione performativa costituita da una serie di lanterne e dai contributi di oltre 40 artisti
a cui è stato chiesto di sviluppare, in forma inedita, il tema iconografico del “trionfo della morte”,
ispirandosi in particolare ad uno degli esempi più celebri di tale rappresentazione: il Trionfo della Morte di Palermo.
Il confronto con quest’opera costituisce il pretesto per riflettere criticamente sull’attuale atteggiamento di rimozione della morte nella cultura contemporanea attraverso un dialogo con un’estetica e una visione culturale del passato. Tale confronto con la storia riguarda anche la scelta del medium lanterna magica, che riflette la volontà di riattivare una tradizione ormai consegnata alla museificazione e al contempo, date le sue peculiarità tecniche ed estetiche, stimolare una riflessione sugli attuali processi che regolano la produzione del nostro immaginario visivo.
In occasione dell’iniziativa Life is live, il collettivo propone una versione inedita de Il Lanternista.
In particolare, la collezione di immagini sarà presentata seguendo una nuova narrazione visiva e musicale.
L’interpretazione sonora sarà affidata al sound artist Nicola Di Croce. Anche i dispositivi di proiezione (le lanterne magiche) saranno rielaborati sotto una nuova forma dalle caratteristiche più complesse, per la quale si presenteranno come vere e proprie “installazioni performative”.
La collezione di immagini comprende i lavori di:
Giuseppe Abate, Paola Angelini, Nico Angiuli, Franco Ariaudo, Saverio Bonato, Thomas Braida,
Paolo Buggiani, Helen Cammock, Lia Cecchin, Manuele Cerutti, Leone Contini, Teresa Cos, Gruppo Etcetera, Cleo Fariselli, Roberto Fassone, Matteo Fato, Anna Franceschini, Valentina Furian, Martino Genchi,
Marco Gobbi, Daniele Alef Grillo, Andrea Grotto, Federico Lupo, Francesco Maluta, Elena Mazzi, Cristiano Menchini, Alessandra Messali, Ryts Monet, Ignazio Mortellaro, Antoni Muntadas, Valerio Nicolai, Cesare Pietroiusti, Thomas Nadal Poletto, Luigi Presicce, Maria Domenica Rapicavoli, Nuvola Ravera, Mariateresa Sartori, Davide Sebastian, Mirko Smerdel, Giulio Squillacciotti, Serena Vestrucci, Luca Vitone, Špela Volcic.
Sonorizzazione: Nicola Di Croce
Design: Studio GISTO
Produzione: Tenuta dello Scompiglio
L’azione, diversamente dalla fabbricazione, non è mai possibile nell’isolamento; essere isolati significa essere privati della facoltà di agire. (Hannah Arendt, Vita activa)
Esseri in stanze attigue di una non meglio precisata residenza conducono vite parallele. Una Voce. Un tempo sospeso, futuro ma non troppo.
Sono di età indefinita, di stato adolescenziale, di genere femminile ma non ostentato, come si conviene e come è comodo che sia. Abitano una dinamica di rispetto e dispetto con la Voce, con cui, in modi differenti, interloquiscono.
Eventuali rifiuti o irregolarità vengono presto riassorbiti da un sistema che si autoalimenta anche delle proprie disfunzioni.
Su un filo sottile, tra il comico e il tragico si muovono questi esseri.
Un improvviso tempo sospeso apre un varco inaspettato.
Di e con: Vincenza Modica, Soledad Nicolazzi, Dalia Padoa
Regia: Vincenza Modica
Disegno luci: Adriano Salvi
Disegno del suono: Luca Maria Baldini
Età: dai 14 anni in su
Quando solitudine e isolamento sono portati alle estreme conseguenze, quando predominano emozioni primordiali come la paura e la rabbia, è ancora possibile l’incontro? Quale punto di svolta potrebbe indicare una possibile sovversione di tale stato di fatto, consentendo una sorta di riscatto umano? Quali sono i canali per riscoprire varchi di comunicazione ed empatia?
Ci rivolgiamo idealmente a un pubblico di giovani e di adolescenti, poiché in questi anni, segnati dalla pandemia e dalla catastrofe ecologica e dalla guerra, sono stati e continuano a essere maggiormente esposti alle conseguenze dell’isolamento (annichilimento emozionale e asocialità).
L’intento/tentativo dello spettacolo è quello di aprire uno spazio di elaborazione collettiva del disagio che ne è derivato, in definitiva, per tutti noi e di scorgere le molteplici possibilità che la vita sorprendentemente offre.
Gli spettatori avranno la possibilità di partecipare ad un laboratorio (*) prima dello spettacolo e di lasciare una propria testimonianza al termine dello stesso; tale contributo riverbererà, di volta in volta, sulla modulazione drammaturgica delle successive restituzioni dello spettacolo.
(*) Lo sguardo dell’altro e verso l’altro, a cura di Vincenza Modica
Una riflessione attiva sul tema della mancanza di contatto tra le persone e delle alterazioni relazionali che ne possono derivare.
L’azione, diversamente dalla fabbricazione, non è mai possibile nell’isolamento; essere isolati significa essere privati della facoltà di agire. (Hannah Arendt, Vita activa)
Esseri in stanze attigue di una non meglio precisata residenza conducono vite parallele. Una Voce. Un tempo sospeso, futuro ma non troppo.
Sono di età indefinita, di stato adolescenziale, di genere femminile ma non ostentato, come si conviene e come è comodo che sia. Abitano una dinamica di rispetto e dispetto con la Voce, con cui, in modi differenti, interloquiscono.
Eventuali rifiuti o irregolarità vengono presto riassorbiti da un sistema che si autoalimenta anche delle proprie disfunzioni.
Su un filo sottile, tra il comico e il tragico si muovono questi esseri.
Un improvviso tempo sospeso apre un varco inaspettato.
Di e con: Vincenza Modica, Soledad Nicolazzi, Dalia Padoa
Regia: Vincenza Modica
Disegno luci: Adriano Salvi
Disegno del suono: Luca Maria Baldini
Età: dai 14 anni in su
Quando solitudine e isolamento sono portati alle estreme conseguenze, quando predominano emozioni primordiali come la paura e la rabbia, è ancora possibile l’incontro? Quale punto di svolta potrebbe indicare una possibile sovversione di tale stato di fatto, consentendo una sorta di riscatto umano? Quali sono i canali per riscoprire varchi di comunicazione ed empatia?
Ci rivolgiamo idealmente a un pubblico di giovani e di adolescenti, poiché in questi anni, segnati dalla pandemia e dalla catastrofe ecologica e dalla guerra, sono stati e continuano a essere maggiormente esposti alle conseguenze dell’isolamento (annichilimento emozionale e asocialità).
L’intento/tentativo dello spettacolo è quello di aprire uno spazio di elaborazione collettiva del disagio che ne è derivato, in definitiva, per tutti noi e di scorgere le molteplici possibilità che la vita sorprendentemente offre.
Gli spettatori avranno la possibilità di partecipare ad un laboratorio (*) prima dello spettacolo e di lasciare una propria testimonianza al termine dello stesso; tale contributo riverbererà, di volta in volta, sulla modulazione drammaturgica delle successive restituzioni dello spettacolo.
(*) Lo sguardo dell’altro e verso l’altro, a cura di Vincenza Modica
Una riflessione attiva sul tema della mancanza di contatto tra le persone e delle alterazioni relazionali che ne possono derivare.
L’azione, diversamente dalla fabbricazione, non è mai possibile nell’isolamento; essere isolati significa essere privati della facoltà di agire. (Hannah Arendt, Vita activa)
Esseri in stanze attigue di una non meglio precisata residenza conducono vite parallele. Una Voce. Un tempo sospeso, futuro ma non troppo.
Sono di età indefinita, di stato adolescenziale, di genere femminile ma non ostentato, come si conviene e come è comodo che sia. Abitano una dinamica di rispetto e dispetto con la Voce, con cui, in modi differenti, interloquiscono.
Eventuali rifiuti o irregolarità vengono presto riassorbiti da un sistema che si autoalimenta anche delle proprie disfunzioni.
Su un filo sottile, tra il comico e il tragico si muovono questi esseri.
Un improvviso tempo sospeso apre un varco inaspettato.
Di e con: Vincenza Modica, Soledad Nicolazzi, Dalia Padoa
Regia: Vincenza Modica
Disegno luci: Adriano Salvi
Disegno del suono: Luca Maria Baldini
Età: dai 14 anni in su
Quando solitudine e isolamento sono portati alle estreme conseguenze, quando predominano emozioni primordiali come la paura e la rabbia, è ancora possibile l’incontro? Quale punto di svolta potrebbe indicare una possibile sovversione di tale stato di fatto, consentendo una sorta di riscatto umano? Quali sono i canali per riscoprire varchi di comunicazione ed empatia?
Ci rivolgiamo idealmente a un pubblico di giovani e di adolescenti, poiché in questi anni, segnati dalla pandemia e dalla catastrofe ecologica e dalla guerra, sono stati e continuano a essere maggiormente esposti alle conseguenze dell’isolamento (annichilimento emozionale e asocialità).
L’intento/tentativo dello spettacolo è quello di aprire uno spazio di elaborazione collettiva del disagio che ne è derivato, in definitiva, per tutti noi e di scorgere le molteplici possibilità che la vita sorprendentemente offre.
Gli spettatori avranno la possibilità di partecipare ad un laboratorio (*) prima dello spettacolo e di lasciare una propria testimonianza al termine dello stesso; tale contributo riverbererà, di volta in volta, sulla modulazione drammaturgica delle successive restituzioni dello spettacolo.
(*) Lo sguardo dell’altro e verso l’altro, a cura di Vincenza Modica
Una riflessione attiva sul tema della mancanza di contatto tra le persone e delle alterazioni relazionali che ne possono derivare.
L’azione, diversamente dalla fabbricazione, non è mai possibile nell’isolamento; essere isolati significa essere privati della facoltà di agire. (Hannah Arendt, Vita activa)
Esseri in stanze attigue di una non meglio precisata residenza conducono vite parallele. Una Voce. Un tempo sospeso, futuro ma non troppo.
Sono di età indefinita, di stato adolescenziale, di genere femminile ma non ostentato, come si conviene e come è comodo che sia. Abitano una dinamica di rispetto e dispetto con la Voce, con cui, in modi differenti, interloquiscono.
Eventuali rifiuti o irregolarità vengono presto riassorbiti da un sistema che si autoalimenta anche delle proprie disfunzioni.
Su un filo sottile, tra il comico e il tragico si muovono questi esseri.
Un improvviso tempo sospeso apre un varco inaspettato.
Di e con: Vincenza Modica, Soledad Nicolazzi, Dalia Padoa
Regia: Vincenza Modica
Disegno luci: Adriano Salvi
Disegno del suono: Luca Maria Baldini
Età: dai 14 anni in su
NOTE DI REGIA
Quando solitudine e isolamento sono portati alle estreme conseguenze, quando predominano emozioni primordiali come la paura e la rabbia, è ancora possibile l’incontro? Quale punto di svolta potrebbe indicare una possibile sovversione di tale stato di fatto, consentendo una sorta di riscatto umano? Quali sono i canali per riscoprire varchi di comunicazione ed empatia?
Ci rivolgiamo idealmente a un pubblico di giovani e di adolescenti, poiché in questi anni, segnati dalla pandemia e dalla catastrofe ecologica e dalla guerra, sono stati e continuano a essere maggiormente esposti alle conseguenze dell’isolamento (annichilimento emozionale e asocialità).
L’intento/tentativo dello spettacolo è quello di aprire uno spazio di elaborazione collettiva del disagio che ne è derivato, in definitiva, per tutti noi e di scorgere le molteplici possibilità che la vita sorprendentemente offre.
Gli spettatori avranno la possibilità di partecipare ad un laboratorio (*) prima dello spettacolo e di lasciare una propria testimonianza al termine dello stesso; tale contributo riverbererà, di volta in volta, sulla modulazione drammaturgica delle successive restituzioni dello spettacolo.
(*) Lo sguardo dell’altro e verso l’altro, a cura di Vincenza Modica
Una riflessione attiva sul tema della mancanza di contatto tra le persone e delle alterazioni relazionali che ne possono derivare.