VOCI DAI SOCI: INTERVISTA A CORRADO BONORA

Corrado Bonora, fotografo

Interviste ai soci Smart: un modo per raccontare la molteplicità delle esperienze artistiche e lavorative che stanno dietro al mondo cooperativo Smart, senza tralasciare uno sguardo sul presente e sulla peculiarità della situazione che la pandemia ha generato nell’ultimo anno. E’ la volta di un fotografo, Corrado Bonora, che da oltre 30 anni realizza immagini per pubblicazioni editoriali, musei, marchi del lusso e del design con un’esperienza che nel tempo si è sviluppata a livello internazionale.

Tra i suoi clienti, luxury brand quali Louis Vuitton, Dom Pérignon, Moët & Chandon, Bentley Motors, Patek Philippe; istituti di cultura come La Sapienza di Roma e La Quadriennale di Roma, testate quali La Repubblica, Nuovi Argomenti, Marie Claire, L’Espresso, El País Semanal.

Sul suo sito è possibile trovare diversi lavori: “la capacità di comprendere e penetrare la realtà, entrare in contatto con un luogo, con un personaggio, con una situazione, unita alla capacità di saper condensare narrazione ed emozioni in una sola immagine, utilizzano la sua fotografia estremamente flessibile, totalmente dedicata ad una visione profonda della realtà”.

Qui l’elenco delle interviste precedenti:

L’attore-autore Davide Verazzani, il collettivo di Aroundtheworld.coop, il gruppo musicale La Rappresentante di lista, l’attrice-doppiatrice Simona Patitucci.

Quando hai capito che la fotografia era il modo in cui volevi esprimerti?

Molti anni fa. I miei venivano dal cinema, papà sapeva l’inglese ed era contabile, a un certo punto s’imbarcò in una produzione americana ed entrò in quel mondo. Poi, anni più tardi, andarono in Spagna: vivere in quell’ambiente e in quella vicinanza alla celluloide mi ha portato a interessarmi dell’immagine e di quello che ci stava dietro. Dopo il liceo ho iniziato a fare l’assistente di Elisabetta Catalano (ritrattista di fama internazionale, ndr) e ho iniziato presto a lavorare, soprattutto con l’estero, Spagna soprattutto. Ho iniziato così, la prossimità a quel mondo è stata cruciale.

Guardando il tuo portfolio si trova traccia di un’attività multiforme: ci sono le marionette dei Fratelli Colla come le Bentleys, fotografie di viaggio come gli incunaboli di Aldo Manuzio.

Credo dipenda dall’età! Semplicemente ho iniziato molto presto, e poi l’editoria – settore con cui ho lavorato molto – ti spinge a fare queste cose: raccontare storie industriali o culturali, ma anche cose antropologiche, vedi il lavoro fatto sui femminielli. Per un lungo ho scattato per in comparto industriale: è stato molto divertente, mi pagavano poco ma mi trattavano benissimo. Un cliente per un po’ è venuto a prendermi in limousine, poi dopo qualche tempo mi richiamarono per un  catalogo e mi offrirono 1 euro a foto.

Com’è cambiata la fotografia con l’avvento del digitale?

Si sono abbattuti i costi di produzione, questo è il primo dato, mentre i pagamenti avvenivano più tardi nel tempo. In pellicola spendevo tantissimo, e dovevo lasciare l’originale i mano ai redattori. Il lato positivo è che ho moltiplicato la produzione: certo questo ha pro e contro, però per me è stato più positivo.

Oggi come oggi si pubblicano anche immagini fatte coi cellulari, la pellicola ormai si usa solo nella stampa artistica, per cose che vanno a finire nelle mostre. Ecco, io mostre non ne ho mai fatte perché ho sempre raccontato storie, sono più giornalista che artista.

Prima che scoppiasse la pandemia a cosa stavi lavorando?

Eventi, cataloghi, soprattutto con i privati, e avevo in corso qualche progetto per l’editoria. C’è stato un blocco, è vero, però la pandemia per contro ha richiesto molti più lavori digitali, quindi per quanto mi riguarda c’è stata una sorta di compensazione.

In che modo la pandemia ha impattato sulla tua attività creativa, se lo ha fatto?

Non lo so, perché non è ancora tornato tutto come prima, quindi non riesco a valutare. Sono più stanco ma potrebbe essere un momento, fare gli eventi è molto faticoso. E’ presto per dirlo, mi aspetto che ci sarà molto lavoro, c’è parecchia gente che aspetta di fare eventi. Potrebbe esserci una ripresa ma ancora non si sa. Siamo tutti un po’ straniti.

Quali progetti hai per il futuro?

Sto lavorando su questi sistemi di editoria digitale, è un lavoro che si fa insieme ad altri, e lavorare con gli altri è divertente. Si tratta di servizi editoriali, si sistemano le pagine per i clienti nei libri antichi, io poi fotografo materiali in alta qualità per renderli disponibili a tutti. Dal punta di vista culturale è un lavoro splendido, dal punto di vista commerciale non lo è altrettanto. Ma senza dubbio mi piacerebbe continuare a fare queste cose. Dopo tanti anni sto realizzando tante pubblicazioni digitali, ce n’è una sulla Divina Commedia che uscirà in settembre, un bel lavoro a cui tengo molto.

C’è un lavoro a cui sei particolarmente legato?

Quello sui Femminielli, che ho già citato: mi porta nei ricordi, mi piacerebbe riprendere da là. Ma devo citare anche un lavoro che sto realizzando per l’editoria, si tratta di materiali raccolti dagli antropologi in Messico: per l’Università La Sapienza sto facendo un piccolo sito su questa ricerca ricerca ventennale, che comprende anche materiali in pellicola. Mi piace l’idea di pubblicare per mettere questi materiali a disposizione di tutti. Allo stesso modo,  ci sarebbe una quantità di lavoro immenso sui libri antichi: fare ottime foto da possibilità di divulgazione enormi.

Come hai incontrato Smart? Cosa ti ha spinto a entrare a far parte di una cooperativa di lavoratori?

E’ stata “colpa” di un collega spagnolo, che era associato a Smart Spagna e me ne parlò. Dopo vent’anni di partita Iva è stata una liberazione, attendere ogni volta pagamenti dilazionati non era più sostenibile: oltretutto lavorare con istituzioni quali il Ministero, come mi è capitato, prevede  procedure complicate che non avrei potuto affrontare senza il supporto di una realtà come Smart, che tra i suoi punti di forza ha quello di essere internazionale.

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