Continuano le interviste ai soci Smart: un modo per raccontare la molteplicità delle esperienze artistiche e lavorative che stanno dietro al mondo cooperativo Smart, senza tralasciare uno sguardo sul presente e sulla peculiarità della situazione che la pandemia ha generato nell’ultimo anno. E’ la volta di Marco Calabrese, professionista freelance, in arte Don Skal, Graphic & Web Designer, con base lavorativa a Lecce. Marco lavora e realizza progetti per imprese e start up differenti, con l’obiettivo di empatizzare con le loro visioni e trasformarle in realtà. Prima di dedicarsi totalmente alla grafica, è stato un musicista professionista, ha girato molti Paesi e suonato con i musicisti più bravi ed importanti al mondo.
Qui l’elenco delle interviste precedenti.
L’attore-autore Davide Verazzani , il collettivo di Aroundtheworld.coop, il gruppo musicale La Rappresentante di lista, l’attrice-doppiatrice Simona Patitucci, la fumettista Pat Carra, il fotografo Corrado Bonora.
Marco, in che cosa consiste esattamente il tuo lavoro?
Mi occupo di graphic design: visto l’argomento che è molto vasto, posso dire che io sono specializzato nel branding e nel packaging design, dalla creazione del logo all’immagine di una azienda. Parliamo di aziende produttrici, ad esempio vitivinicole: per un caso fortuito, e dal momento che ho iniziato con un’azienda vinicola, da lì in poi è stata la mia naturale inclinazione. Vivo in Salento e quello vitivinicolo è uno dei settori trainanti. Ma non opero solo in questo ambito: ad esempio in questo momento sto lavorando per un’azienda italiana che produce abiti da lavoro. Il mio portfolio clienti è ampio, quanto a tipologie di settori: ci sono birrerie indipendenti, una scuola di teatro, produttori tessili… Ho un’agenzia e diverse collaborazioni attive per alcuni progetti, come Made in Masseria, un e-commerce di prodotti gastronomici. La mia non è un’agenzia digital in senso stretto, perché vengo da un’esperienza in agenzia di comunicazione.
In che modo la pandemia ha impattato sulla tua attività, se lo ha fatto?
Non è stato immediato, c’è stata a una sorta di effetto domino, soprattutto con un cliente a cui curo la comunicazione social, e con un’altra azienda vinicola che si è trovata in difficoltà: con loro avevo una sorta di contratto mensile forfettario, ma hanno dovuto sospenderlo, e oltretutto altri lavori estemporanei sono venuti meno, c’è stato un cambio dei volumi. C’è voluto qualche mese per rendersi conto degli effetti reali di quanto stava succedendo. Poi su altri versanti invece c’è stato un impatto diverso: l’e-commerce di prodotti pugliesi cui accennavo poco fa, ad esempio, durante il lockdown fatturava in un giorno quello che solitamente faceva in un mese, un incremento spaventoso. Più in generale, come tanti altri ho subito un po’ il colpo, anche se questa fase di ripresa è piuttosto forte: sono tornate in essere diverse attività che prima svolgevo, in particolare i clienti più piccoli, forse in maniera più disordinata e con maggiore urgenza.
Quali progetti hai per il futuro?
Dato che da ormai un anno e mezzo lavoro in casa (anche se ho un mio spazio), sto immaginando di creare un luogo in cui mettere in piedi una piccola agenzia di comunicazione e di branding, a cui collegare anche un piccolo centro stampa. Cercherei di unire questi due aspetti, con una parte più simile all’idea di negozio, e poter offrire un servizio più ampio anche a chi è solo di passaggio. Ad ogni modo il lavoro del grafico è limitato, e io sento la necessità di aumentare le tipologie di servizi, e sentirmi più sicuro economicamente. Un piccolo studio grafico fuori da questa casa, questo è il progetto.
C’è un lavoro a cui sei particolarmente legato?
C’è un’azienda vinicola per cui faccio un lavoro corposo e complesso nella realizzazione, che sta vedendo la luce proprio in queste settimane: ne sto realizzando il re-branding con la rielaborazione di circa 40 etichette. Prima uscivano con altri marchi, l’azienda ha 3 cantine, una in Campania e due in Puglia, e si è lavorato a un’unificazione del marchio, alla comunicazione di questo cambio, e proprio in questi giorni sono uscite le prime etichette.
Nel tuo campo, come hai vissuto la spinta verso la digitalizzazione degli scorsi mesi?
Penso che ci sia stata una forzatura, verso la digitalizzazione. Siamo senz’altro destinati a realizzarla. Ormai il menù del ristorante sta sparendo a favore di quelli digitali, per dirne una, e senza Covid lo stesso risultato lo avremmo avuto lo stesso, ma forse in 10 anni. I tempi si sono accelerati e la scelta a volte stata obbligata: penso anche ai software per la didattica a distanza, mi pare non fossimo ancora pronti e ci si è adattati alla bell’e meglio, ma sono sicuro che la via sia tracciata. In realtà non tutto è stato negativo, per contro abbiamo anche riscoperto alcune cose più semplici, prendersi più tempo, stare con le persone. Sul fronte pratico, mi è mancata la ricerca del lavoro esperienziale, incontrare un cliente, trovarlo per caso tramite incontri. Per fortuna avevo già una serie di contatti, ma molti hanno sofferto di questa chiusura. C’è stato comunque un cambio di abitudini nella gestione delle attività.
Come hai incontrato Smart? Cosa ti ha spinto a entrare a far parte di una cooperativa di lavoratori?
E’ stata una casualità, un amico me ne ha parlato e il passaggio a informarmi in prima persona è stato breve. Non avevo voglia di riaprire una Partita Iva, io vengo dal mondo della musica, ma lavorare in ambito musicale a quel livello non contempla compromessi: a un certo punto volevo fermarmi, e ho dovuto reinventarmi per poter lavorare. Avevo già propensione nel campo del visuale. Da musicista non ho avuto un buon rapporto con la Partita IVA, e con Smart ho trovato un’ottima soluzione. Sei freelance, ma puoi contare su una busta paga mensile, essere più sereno a livello lavorativo e personale, ti consente di preoccuparti solo dei tuoi progetti e della qualità del tuo lavoro. Anche la ragazza con cui collaboro, una graphic designer che mi affianca su determinati progetti, è socia Smart.