Cari soci, care socie,
abbiamo assistito per la seconda volta alla sospensione delle attività di spettacolo dal vivo e degli eventi e alla emanazione di provvedimenti restrittivi delle libertà individuali e che impediscono lo svolgimento di molte attività economiche. L’impatto emotivo, prima che economico, di questi eventi è molto forte.
La tutela della salute e il rispetto per i malati e le vittime vengono prima di tutto. Ed è vero, sì, che è il virus il nemico comune, che stiamo affrontando una crisi senza precedenti e che è necessario compiere scelte difficili. Ma chi – ancora una volta – deve fare sacrifici, ora ha bisogno di capire, e sapere che questi sacrifici serviranno. Sin qui sono stati profusi sforzi e impegno per adeguare gli spazi di lavoro e rispettare i protocolli, salvo scoprire poi che non era abbastanza.
Non abbiamo certezze, ma molte domande. Ci chiediamo se gli sforzi compiuti non siano stati abbastanza anche perché sono mancati i controlli. Vorremmo sapere quanto si è investito, negli ultimi mesi, per rendere più efficienti e rapide le attività di tracciamento. E quanto e come si investirà da qui in avanti. Ci chiediamo quale grado di accuratezza abbia il monitoraggio dei dati, di regione in regione.
Si è parlato molto dei dati diffusi da AGIS sulla sicurezza dei teatri: un solo contagio su 350.000 spettatori in quattro mesi. Questi dati sono stati poi contestati, affermando, in estrema sintesi, che provengono o dalle Asl, che non hanno certo sin qui brillato per efficienza e rapidità nelle attività di contact tracing, o da segnalazioni della App Immuni, ancora scarsamente utilizzata. In altre parole, la segnalazione dell’AGIS non sarebbe affidabile perché di fatto non sarebbero reperibili dati attendibili.
Ci domandiamo quindi se esistono e come mai non sono disponibili i dati relativi al potenziale di contagio nello svolgimento delle diverse attività. In altre parole: mangiare in un ristorante ha lo stesso livello di rischio che andare a teatro, in piscina, in un centro commerciale, in una scuola? Se questi dati non esistono, cosa si sta facendo per raccoglierli, elaborarli e utilizzarli come punto di partenza per i prossimi provvedimenti? Intanto, mentre il sipario cala di nuovo, cominciamo a dire questo: che i lavoratori e le lavoratrici sarebbero dovuti venire prima di tutto, ma così non è stato.
I contributi pubblici sono piovuti a pioggia, anche su imprese che non hanno neppure provato a riaprire l’attività quando è stato possibile farlo, mentre decine di migliaia di persone si sono prodigate per riavviare, riprogrammare, investire e scommettere sul proprio lavoro e sulla sua dignità. Nel settore dello spettacolo molte imprese invocano, a ragione, nuovi aiuti. Ma alcune di queste, già destinatarie di contributi pubblici, hanno chiesto la cassa integrazione per i propri dipendenti, non hanno ripreso le attività dopo il 15 giugno, hanno ricevuto ristori e rassicurazioni che i contributi pubblici sul 2020 resteranno invariati. Alcune di queste imprese chiuderanno in positivo i bilanci 2020: anche a loro è giusto che vadano i prossimi sostegni economici? Noi crediamo di no.
Anche i contributi dati ai soggetti che non beneficiano del Fondo Unico dello Spettacolo (FUS) non hanno probabilmente distinto tra piccole imprese e associazioni culturali espressione di progettualità professionali, e realtà poco più che dilettantistiche. Così come il requisito delle 7 giornate contributive annue necessarie per accedere all’indennità dei lavoratori dello spettacolo se da un lato ha cercato di considerare la pratica del lavoro nero o pagato a forfait, dall’altro ha rischiato di allargare impropriamente la platea dei beneficiari.
Le cosiddette “indennità”, peraltro, non hanno raggiunto una fetta sufficientemente ampia di lavoratori e lavoratrici. L’INPS continua a comportarsi in modo non omogeneo su tutto il territorio nazionale, respingendo o meno le domande di indennità a seconda delle interpretazioni fornite dai diversi uffici regionali. I lavoratori autonomi sono stati a volte dimenticati dai decreti governativi che hanno visto la luce in questi mesi. I lavoratori dello spettacolo continuano a subire norme e interventi legislativi pensati da chi, evidentemente, non conosce a sufficienza la realtà lavorativa di questo settore. Si pensi, ad esempio, a tutti quei casi in cui i lavoratori dello spettacolo e degli eventi si sono visti respingere la domanda perché ancora con un contratto intermittente attivo. O ai protocolli di sicurezza. Accennavamo prima alle condizioni di sicurezza, per gli spettatori, dei luoghi di spettacolo. E’ però necessario anche garantire la sicurezza di chi ci lavora, avere protocolli chiari, applicabili, tutelanti e che non siano alla portata solo di chi se li può economicamente permettere.
Tutto questo non è ammissibile. E’ tempo di immaginare, insieme, un mondo del lavoro più sicuro, più equo, più dignitoso; e di lavorare per rendere concreto quello che sapremo immaginare. Molti sono già rimasti indietro. E’ necessario un cambio di rotta per garantire un futuro ai settori e ai lavoratori ora più in difficoltà.
Entro la metà di novembre, Smart sosterrà la liquidità dei soci e delle socie con un nuovo anticipo del rimborso delle note spese. Continueremo poi a collaborare con chi tra imprese, sindacati, associazioni e movimenti di lavoratori e lavoratrici, è pronto a lavorare insieme per il bene comune.
Insieme siamo più forti.
Donato Nubile, presidente Smart Soc. Coop. Impresa sociale