Michele Cremaschi: fra il teatro e la realtà virtuale, c’è Krisi

Il nostro socio Michele Cremaschi, che da anni spazia fra il palcoscenico ed il mondo dei nerd informatici, sta lavorando al suo nuovo progetto, “Krisi – everyday is doomsday”. Ci siamo fatti quattro chiacchere con lui.

 

michele2Michele, ci racconti cosa è Krisi, e com’è nata l’idea? 

Dal punto di vista personale, “Krisi” è la possibilità di raccontare i temi che sento urgenti nella mia vita quotidiana. Da cittadino, lotto assieme ad altri cittadini per difendere la mia città da scelte amministrative opache, ambigue, che vanno contro l’interesse comune e che perseguono l’interesse di pochi – come costruire un parcheggio di nove piani nei pressi di un sito UNESCO come le mura di Bergamo. Da artista, voglio indagare da cosa nasce e su quali principi la “democrazia” che tutti diamo tanto per assodata. Cosa accade quando la definiamo “in crisi”, quanto l’*ideale* democratico è realizzato nell’ordinamento *democratico*. E, verso il finale, aprire un piccolo squarcio di quella che secondo me è la via per un upgrade del sistema, raccontando esperienze di partecipazione che han reso possibile alle persone di riappropriarsi di quel diritto a decidere che va esercitato un po’ più spesso che una volta ogni quinquennio in occasione delle elezioni.

Sono previste diverse collaborazioni internazionali: come sono nate? cosa speri che porteranno? 

Quando sono partito a pensare questo progetto, ho cercato di individuare di quali supporti avrei avuto bisogno. Utile è stata la fase di “startup” che Residenza Idra ha voluto donare la progetto: quanto è prezioso il tempo dedicato al confronto sulle strategie produttive! Grande generosità l’ho trovata dal Teatro della Caduta, che sulla base dell’idea han deciso di coprodurre il progetto: merce rara la fiducia che ti viene da colleghi che fino a pochi minuti prima non conoscevi personalmente. E’ bastato bussare alle porti di Sorint, multinazionale dell’informatica, per avere anche da loro il sostegno che mi serviva in termini di sviluppo di un sistema informatico. E’ sulla credibilità acquisita da tutti questi partners che credo sia giunto il sostegno del principale sponsor al momento: Compagnia di SanPaolo, che ha investito su di esso permettendomi di poter contare sulle risorse e sui tempi di cui necessito. Ancora una volta, è bastato chiedere, per ottenere il sostegno del laboratorio di Computer Vision dell’università UTBM di Belfort, in Francia, che svilupperà altri tools per integrare dei processi di Augmented Reality nello spettacolo. Arrivare poi a Le Granit, teatro francese che mi ospiterà in residenza per indagare i possibili sviluppi transmediali del progetto, è stata una piacevole sorpresa. E la considero la prima tappa per cercare di dare un maggior respiro internazionale alla produzione. A dire il vero infatti non considero concluso il processo di costruzione della rete di supporto al progetto: penso che vada di pari passo alla ricerca artistica, perché è un progetto ambizioso e ha bisogno di molte gambe per poter camminare.

Qual’è il tuo percorso? Come nasce questo tuo interesse per la relazione fra performance e nuove tecnologie? 

Ho studiato Scienze dell’Informazione all’università parallelamente ai corsi di recitazione. Mi sono specializzato poi in quest’ultima, preferendo la strada artistica a quella tecnologica. A metà percorso ho riunito queste mie due passioni in un’unicum, spingendomi verso l’ambito della creatività digitale per lo spettacolo dal vivo. Ora che anche la mia passione, per così dire, “politica”, converge in ciò per cui lavoro, mi pare di potermi svegliare felice al mattino ed andare a letto soddisfatto la sera!

Cosa consiglieresti ad un giovane che comincia oggi a lavorare come attore, regista o drammaturgo? 

Che domanda difficile. Più che consigli da dare, posso descrivere il mio modo di “stare” nel mondo difficile, artisticamente, in cui viviamo, senza poi sapere fino in fondo se è una ricetta replicabile e nemmeno se funziona… per il momento funziona, almeno per me. Io penso serva dapprima costruirsi un’identità che coincida col proprio essere e col proprio sentire, e non inseguire mode, mercati, spazi identificati da altri. Poi serve rinunciare a tutte le attività di “contorno” al proprio percorso che si pensano vadano fatte perché funzionali ad esso: amministrare, gestire un’associaizone, una rassegna, un magazzino tecnico… alla fine della giornata ti accorgi che per i tuoi obiettivi non è più rimasto un minuto. In tutto ciò, SMart è una soluzione preziosa che ti permette di delegare gran parte di quel lavoro funzionale alla vera mission artistica. Infine penso sia il caso di saper dire di no più spesso, nel nostro ambiente, di fronte a cosiddette “opportunità” su cui bisogna “investire” in vista di un qualche ritorno, che raramente arriva. Penso sia meglio definire da se obiettivi e orizzonti, e investire, se necessario, in vista delle opportunità che ci si definisce da se, non quelle che ti danno gli altri. Evitare le repliche ad incasso, i festival che danno “visibilità”, e tutta la fuffa che va per la maggiore. Serve darsi tempi medio – lunghi, costruire i progetti artistici assieme ai progetti produttivi, e mandare avanti entrambi assieme.

 

Volete saperne di più sul lavoro di Michele? Questo è il suo sito!

 

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