Freelance & mutualismo: il Corriere della Sera parla di SMart

 

Riportiamo qui l’articolo di Barbara D’Amico pubblicato dal Corriere della Sera sul blog La Nuvola del Lavoro.

La sala è gremita, molti sono arrivati in ritardo, ma tutte le sedie ora sono occupate. L’età è varia, ci sono ragazzi e ragazze sulla trentina ma ad occhio si direbbe che la platea ospiti lavoratori di ogni età. Sono quasi tutti imprenditori autonomi, liberi professionisti, freelance. Saranno un centinaio. Più tardi prenderanno la parola e scopriremo i loro mestieri. C’è chi fa l’architetto, chi il web-designer, chi l’attore o il pittore. Sono tutti accorsi qui a Torino il 4 maggio, di mercoledì sera, nella sede di Toolbox, spazio di coworking, perché incuriositi da quanto gli organizzatori della serata hanno da dire.

Come accade negli spazi condivisi, anche qui le sale ospitano con sempre maggior frequenza eventi e dibattiti rivolti al popolo dei lavoratori solitari. Non importa abbiano o meno partita IVA, siano in ritenuta d’acconto, lavorino a intermittenza. In queste occasioni, per una volta, chi è imprenditore di se stesso può smorzare la tensione della settimana. E trovare conforto nel vicino di posto. “Anche tu sei iscritto alla gestione separata?”, mormora qualcuno al compagno in ultima fila. Sono le regole tributarie e contributive a dettare l’etichetta dei freelance in Italia e a fornire quegli elementi identitari una volta appannaggio della cultura di strada.

Se negli anni Ottanta si era paninari o punk, oggi le generazioni sembrano dividersi in tribù per Codice Ateco di appartenenza. Invece della piazza o del bar simbolico, questi nuovi gruppi si riversano appena possono a eventi, dibattiti, presentazioni per avere risposte, soluzioni o semplicemente uno spazio in cui confrontarsi. Ma stasera è diverso. L’evento ha un elemento in più di curiosità che attira le persone nonostante sia un giorno feriale e siano le 18.30 (orario che per un freelance significa lavoro).

Stasera ci sono due rappresentanti di una cooperativa di mutuo soccorso per freelance attiva da poco più di un anno e mezzo nella Penisola e che promette qualcosa che a molte partite IVA (e non solo a loro) sembra avere del miracoloso: mantenere l’autonomia del libero professionista senza doversi preoccupare delle beghe amministrative, del recupero crediti, delle scartoffie. Ma è possibile? Esiste un sistema del genere in Italia? Sarà una fregatura? Sono le domande che sembrano emergere dalle espressioni un po’ interdette, un po’ diffidenti delle persone tra il pubblico.

La cooperativa è Smart-it, da poco ha sede anche Milano e ha alle spalle quasi 20 anni d’esperienza in Europa essendo nata in Belgio nel 1998. Non è la sola organizzazione a proporre soluzioni ai mali dei freelance. Una volta le chiamavano semplicemente società di mutuo soccorso e in Italia ne sappiamo qualcosa visto che possiamo vantare un’esperienza secolare nella nascita di enti che hanno fatto la storia del welfare. Nate nell’Ottocento per proporre servizi essenziali e tutele ai lavoratori delle fabbriche, le società di mutuo soccorso sono servite in una fase successiva ad aiutare categorie “a rischio” come gli artisti, spesso mal pagati e per niente tutelati, e oggi adattate a chi di tutele non ne ha o ne ha pochissime nel mondo del lavoro. Il tutto grazie a un meccanismo che sostiene, economicamente e socialmente, i rischi delle categorie tramite un sistema mutualistico e compartecipativo.

Zenart , Docservizi o Cita sono solo alcune delle realtà che offrono servizi e tutele per categorie specifiche. Ma Smart è une delle più ramificate a livello europeo e oggi conta circa 70 mila soci. Tra questi, da poco, c’è anche uno sparuto gruppo di 300 italiani.

«Cominciamo da alcune domande», esordisce Chiara Faini, che della cooperativa gestisce la comunicazione e stasera con la sua collega Morea Velati vuole provare a far conoscere un modo alternativo di tutelare la propria attività. Le domande sono state stampate su fogli A4 e distribuite a tutti noi prima di iniziare. “Hai appena iniziato la tua attività da freelance e non hai ancora una partita IVA? Sei indeciso se aprirla o meno?” oppure “Ti capita di lavorare in gruppo con altri freelance e non sapere come fatturare l’intero importo?”. Problemi all’ordine del giorno per chi si dedica all’occupazione fai-da-te. Qualcuno alza la mano. Qualcun altro inizia a fare domande per vedere se le domande degli organizzatori abbiano un senso.

«Preferiamo prima conoscere le vostre storie, le vostre esigenze, così poi entreremo nel merito di quello che la cooperativa può fare per voi», spiega alla platea Chiara. Tutti sembrano un po’ diffidenti.
Questi eventi, sempre più numerosi e rivolti al popolo degli autonomi, si tramutano spesso in sessioni di auto-aiuto. Come se la condivisione comune dei problemi tipici di chi lavora in proprio (per scelta o perché obbligato dalla crisi) faccia acquisire un po’ più di coraggio e, perché no, di sicurezza. Quella che gli autonomi invidiano ai dipendenti ma che non baratterebbero facilmente con la propria libertà. Quella sicurezza di chi non deve preoccuparsi di procacciare nuovi committenti, di contrattare un prezzo congruo e di lottare poi per essere pagato, se va bene, a 60 giorni. E anche se chi lavora in un’azienda o in un ente pubblico oggi non ha certo maggiori certezze di un freelance, non importa. Il libero professionista soffre il confronto e pretende tutele minime.

Ed ecco che stasera c’è chi vuole dire loro che sì, è possibile avere tutto, autonomia e serenità. Libertà di gestire il proprio tempo e certezza dei pagamenti. Insomma, non scherziamo. Dov’è la fregatura? Chi mai si caricherebbe delle beghe di un freelance per lasciarlo lavorare in santa pace? Ma è proprio sull’annosa questione del recupero crediti che il pubblico, già scaldato dalle domande precedenti, perde del tutto la timidezza ed esce allo scoperto. Quando Chiara e la sua collega chiedono se i committenti spariscano al momento di saldare la fattura e se proviamo la sensazione spiacevole di dover sollecitare qualcosa che invece ci è dovuto di diritto, il gioco è fatto: è come se il vaso di pandora fosse scoperchiato per la prima volta. C’è chi è stato pagato dopo 1 anno, chi mai, e chi dopo 3 anni e mezzo e per questo può meritarsi una piantina di cactus: un premio simbolico alla resistenza e alla tenacia del freelance che Chiara e Morea consegnano tra le risate (e la solidarietà) generali.

I servizi per i freelance La cooperativa, in sostanza, fa questo. Chi lavora in proprio può aderire come socio pagando una quota una tantum di 50 euro. Da quel momento, come viene spiegato a più riprese nel corso della serata, il freelance può decidere di affidarsi alla struttura che offre consulenza legale e contrattuale gratuita ma soprattutto permette di concentrarsi solo sul progetto, sulla qualità del lavoro, e non sulla parte burocratico-amministrativa. E’ come avere un intermediario sempre a disposizione. L’esempio classico è quello di un web-designer contattato da un cliente per la realizzazione del sito web. Una volta trovato un accordo di base, il web-designer dice a Smart di preparare il contratto per la commessa. E’ Smart che si interfaccia con il cliente finale ma, e questo è il miracolo, pagherà lei stessa entro 30 giorni il freelance a prescindere dai tempi di pagamento del cliente. La cooperativa, in sostanza, si preoccupa di garantire un saldo in tempi certi liberando l’autonomo dall’ulteriore preoccupazione di dover recuperare eventuali pagamenti non ricevuti. E’ sempre la cooperativa che versa i contributi INPS ordinari. Ed è sempre la cooperativa che offre consulenza legale gratuita in caso di problemi tra committente e freelance.

«E’ il sistema tipico di queste società mutualistiche», spiega a La Nuvola Donato Nubile, responsabile di Smart Italia. «Chi diventa socio entra in un sistema virtuoso di benefici anche se, è bene sottolinearlo, i servizi offerti valgono anche per chi non decida di versare la quota associativa. Nasciamo con l’intento di fornire un aiuto e una alternativa ai sistemi di tutele presenti per le singole categorie di autonomi. Il modello originariamente è stato studiato per gli attori, i musicisti, gli artisti in genere ma vedo sempre più profili tecnici aderire al progetto». Ovviamente nulla si fa per nulla. Per sostenere le spalle larghe del mutuo soccorso le cooperative trattengono in genere una percentuale sui pagamenti dei freelance che si appoggiano alle strutture. Si parla, in media, del 10%. Smart, potendo contare su una rete europea, richiede l’8,5 per cento. Somma con cui sostiene i costi operativi e soprattutto alimenta un fondo di garanzia che fa da paracadute contro eventuali insolvenze dei committenti.
Chi ha partita IVA può utilizzare la cooperativa in modo concorrenziale, senza dover chiudere il proprio profilo fiscale purché la legge lo permetta. Ma diversi soci che hanno aderito a un sistema di mutuo soccorso, prima appartenenti al popolo IVA, dicono di aver chiuso la partita perché poco conveniente rispetto al sostegno offerto dalle cooperative.

E’ il caso di Michele Ciardulli, videomaker milanese di 34 anni.Michele-Ciardulli-250x374

«Lavoro da 15 anni, ho iniziato come scenografo per poi passare all’attività di videomaker – ci racconta – Da un paio d’anni ho aderito a Smart e devo dire che questo mi ha risolto molti problemi. Una partita IVA oltre a costare tantissimo non puoi contrattualizzare persone che lavorino con te ecc…Invece adesso posso prendere di collaboratori pagati direttamente dalla cooperativa. All’inizio ho mantenuto la mia partita IVA, perché è possibile continuare ad averla. Ma il tempo trascorso a controllare la contabilità, a orientarmi tra le regole fiscali cercando di non commettere errori era troppo. Ho chiuso tutto e ora faccio tutto tramite la cooperativa».

 

Lo stesso entusiasmo è condiviso da Erica Romeo, musicista indipendente di 32 anni di Biella.

Erica-Romeo-250x250«Lavoro con una etichetta di Londra e ora sto incidendo a Milano. La cooperativa è utilissima per un musicista, credo, perché anziché contrattare da solo con il locale di turno o la società discografica ha un soggetto terzo che da più affidabilità al committente. Inoltre, mi semplifica la vita. Per esempio, ora devo organizzarmi delle date in Germania ma è la cooperativa che si interfaccia con la società di booking straniera. Per me è un grosso aiuto perché è come avere un consulente privato che si prende in carico tutta la parte più ostica, quella organizzativa e burocratica del mio lavoro. Altra cosa che mi aiuta molto è questa: se lavoro per un ente pubblico, come mi è capitato, che paga a 90 giorni dal concerto, io non devo aspettare il saldo per il lavoro svolto. Smart mi anticipa tutto e poi sono loro a farsi pagare tre mesi dopo dal Comune»

Che sia questa la ricetta per coniugare diritti e lavoro autonomo? Oggi come 150 anni fa il mutuo soccorso sembra tornare a colmare quel vuoto lasciato dallo Stato nella difficile regolazione di un mondo del lavoro che cambia a ritmi doppi rispetto alle norme esistenti per tutelarlo. Smart ha da poco stipulato un accordo con ACTA, l’ente che rappresenta i freelance in Italia per offrire come servizi aggiuntivi:

. uno sportello a Milano e uno a Roma di consulenza gratuita per gli autonomi;

. agevolazioni specifiche per chi è il regime dei minimi;

. la possibilità di partecipare a bandi anche se si è da soli usando smart come capofila oppure di utilizzare la cooperativa come capo-committente quando si lavora a progetti in collaborazione con altri freelance per uno stesso cliente

Il sistema tuttavia non è ancora a prova di casistica italiana. Chi è iscritto a un ordine professionale, ad esempio, può diventare socio ma non potrà contare sulla cooperativa per il pagamento dei contributi alle casse diverse dall’INPS. Lo stesso discorso vale per chi è iscritto alla gestione separata. Ma in questi casi, tranquillizzano gli organizzatori, non c’è problema: il freelance emetterà fattura alla società di mutuo soccorso e dovrà poi preoccuparsi lui stesso di pagare la propria pensione. Un onere che, tutto sommato, può ancora ricadere sulle spalle piccole ma resistenti di chi si muove da solo nella giungla del lavoro italiano.

 

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