Riportiamo l’intervista fatta da Cristina Croce a Donato Nubule, nell’ambito del Jobless Society Forum, e pubblicata sull’Huffington Post.
Domanda ormai di rito: cosa c’è scritto sul tuo biglietto da visita, se ne hai uno?
In realtà ne ho due: in uno c’è scritto presidente di SMart, nel secondo direttore artistico di Campo Teatrale, un centro culturale di Milano.
Il numero di lavori che svolgi contemporaneamente?
Fammi contare… Direttore artistico, attore, regista, formatore, amministro una società e sono il presidente di SMart. E nonostante questo chissà se avrò la pensione.
Che cos’è SMart?
SMart sta per Società Mutualistica per Artisti. È una cooperativa impresa sociale che ha come obiettivo la tutela e la valorizzazione del lavoro artistico e creativo; lo fa basandosi su un sistema vecchissimo ma estremamente attuale: il mutualismo. L’unione fa la forza, soprattutto quando sei un grafico web, un freelance, un attore, un regista o un traduttore, quando più in generale svolgi un lavoro creativo, incerto, frammentario, precario. Ecco, è lì che SMart fa la differenza.
Facciamo un passo indietro. Qual è stato il tuo primo lavoro?
L’attore per la pubblicità di una catena di elettrodomestici. Ero all’università, studiavo ancora Economia in Bocconi. Il mio primo lavoro da laureato è stato assuntore del rischio di credito per una multinazionale del settore assicurativo.
Iscrizioni a un sindacato?
No, mai.
Torniamo a SMart. Quando hai conosciuto questa realtà e come ne sei diventato Presidente?
Quando SMart Belgio, l’esperienza “pilota” di SMart, voleva capire se in Italia c’erano le condizioni di fattibilità per operare sul territorio e si è rivolta a C.Re.S.Co, il Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea di cui facevo parte con Campo Teatrale. Penso a posteriori di essere stato scelto come Presidente per la mia doppia anima, creativa e gestionale.
Cosa fa SMart per i suoi soci?
Li assume, diventando il loro datore di lavoro a tutti gli effetti. Oltre a curare tutti gli aspetti amministrativi, fiscali e contrattuali, versa loro lo stipendio il 10 del mese successivo alla prestazione lavorativa, grazie al proprio Fondo di Garanzia. Li accompagna nella loro crescita professionale svolgendo un’azione di tutorship, formazione e informazione. Ne agevola la mobilità internazionale: siamo parte di un network presente al momento in 9 Paesi europei.
Cosa diresti a un giovane artista o creativo per convincerlo a iscriversi a SMart?
Chiederei quante volte gli hanno domandato “che lavoro fai?” e alla risposta “l’attore” (o il traduttore, o il regista teatrale) si è visto rispondere “No, intendo: di mestiere?”.
Per combattere questo atteggiamento bisogna restituire dignità al lavoro artistico e creativo. Lo si fa anche imparando comportarsi da professionisti, nel rapporto sia con gli altri che con sé stessi. Non c’è professionalizzazione senza tutela, ma soprattutto senza la consapevolezza dei propri diritti e doveri.
Con SMart siete già riusciti a sortire degli effetti?
In tutta Europa, l’operato di SMart ha incoraggiato molti ad emergere dal nero. Nero in cui alcuni creativi vivono o perché non riescono a farsi valere con il committente o perché il livello della retribuzione è troppo basso, inferiore ai minimi sindacali.
E poi?
Assistiamo alla chiusura volontaria di mille piccole associazioni culturali che non hanno un vero e proprio progetto culturale o d’impresa, ma hanno il solo scopo di permettere l’accesso ai bandi o di risolvere altre questioni amministrative.
Per il singolo, cosa cambia?
Ti libera di un lavoro di amministrazione che spesso non vuoi o non sei in grado di fare, del costo del commercialista e dei consulenti vari. Puoi concentrarti solo sull’aspetto creativo del tuo lavoro, che dovrebbe occupare la maggior parte del tuo tempo. Succede poi che il creativo, in caso di controversie, non faccia pressione sul committente perché ha paura di ritorsioni, o perché fare causa costa troppo. Essere parte di una comunità ti dà maggiore forza.
Se potessi incontrare domattina il ministro Poletti, o il presidente Renzi, cosa diresti loro?
Di andare a vedere la data di emanazione di molte norme che riguardano il lavoro creativo: siamo ancora privi di una vera legge sullo spettacolo, e alcune risalgono agli anni ’20…
E poi di tener conto delle peculiarità di questi mestieri. Un esempio: uno scenografo, se viene assunto come tale, è soggetto a certe regole, che però non valgono più se grazie alle stesse competenze trova un impiego da decoratore: la tassazione in questo caso è diversa, e cambia l’ente a cui versa i contributi. Se per caso la settimana dopo si trova a disegnare mobili, tutto cambia ancora una volta. Già l’unificazione dei contributi aiuterebbe.
Esiste poi un problema relativo alla dicotomia esistente tra il lavoro autonomo e il lavoro dipendente: a volte su questa condizione di “autonomia” ci sarebbe molto da discutere, e molti freelance avrebbero forse diritto ad una maggiore tutela.
Come si stimola il Paese a credere nell’arte e nella cultura? quali canali di sviluppo e di crescita, anche economica?
Evitando frasi come “con la cultura non si mangia” perché sono clamorosamente false: esistono molti studi che dimostrano la ricaduta, anche economica, degli investimenti in cultura. Ma fa comodo ignorarli, contando magari sul fatto che possa bastare la necessità di espressione degli artisti. Ma un Paese senza cultura è un Paese senz’anima, senza identità, senza la capacità di guardare al futuro. I creativi, che il futuro sono in grado di anticiparlo, sono in realtà il più grande vantaggio competitivo che abbiamo. Bisogna poi cominciare dalle scuole, avvicinando gli studenti alle parti più vive del sistema culturale, che hanno a che fare con la contemporaneità. Infine aumentando gli investimenti, rendendo i finanziamenti trasparenti e predisponendo un monitoraggio più efficace.
Hai mai pensato “mollo tutto e vado a fare l’impiegato”?
No, perché l’ho fatto in passato e non mi ci sono riconosciuto. Il mio maestro, César Brie, mi ha detto una sola bugia: credo tu possa fare l’artista, essere un bravo amministratore di te stesso, ma se non ci riesci puoi tornare indietro. Ecco, tornare indietro è invece difficile, molto difficile. Con Campo Teatrale e SMart ho la possibilità di dare sfogo alla mia parte artistica, e mettere a frutto le mie competenze gestionali: questa varietà mi soddisfa e mi assomiglia. Ho autonomia e libertà creativa.
In quale epoca storica vivresti, se potessi scegliere?
Ne sceglierei una diversa, ma per pura curiosità. Sono affascinato dall’epoca romana, dal rinascimento per ovvi motivi legati all’arte e anche dall’ottocento per la passione e i forti ideali.
Un personaggio storico con cui andresti a cena?
Giulio Cesare. Avrebbe un sacco di storie da raccontare. Ha avuto il non trascurabile difetto di essere un uomo di guerra, ma è stato ucciso anche perché voleva dare il diritto di voto ai cittadini delle Province.
Qual è il tuo motto?
Un verso di Franco Battiato: “E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”. Se penso alla mia piccola storia, ho sempre fatto qualcosa che per me aveva senso in quel momento, a volte facendo fatica a riconoscere il fine ultimo – l’alba – delle situazioni che stavo vivendo. Insomma, ho fatto scelte diverse, apparentemente slegate l’una dall’altra. Unendo i puntini ho poi scoperto che il senso c’era. Un po’ di ottimismo, quindi, per chi ha una storia simile alla mia: abbiate fiducia, perché i puntini, prima o poi, prendono forma.